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«Novelle Sidicine» racconto, poesia e memoria: la voce di Teano prende forma.

Nuova raccolta di Eva Pino, maestra e scrittrice: un viaggio alle radici di un territorio senza tempo.

TEANO (Pietro De Biasio) Ci sono libri che si leggono, e libri che si ascoltano con il cuore. «Novelle Sidicine – Un luogo, una storia, una poesia», di Eva Pino, edito da «Cicorivolta», appartiene alla seconda specie. Con la naturalezza della scrittura semplice e la profondità delle radici che affondano in una terra antica come quella di Teanum Sidicinum, questa raccolta di racconti brevi si presenta come un tributo silenzioso ma vibrante al «genius loci» dell’agro sidicino. «Teano ha una storia antica!», esclamò Emma, «Un tempo si chiamava Teanum Sidicinum, e i suoi abitanti erano i Sidicini».

Questa frase, riportata sulla quarta di copertina, è molto più di una semplice battuta di dialogo: è una chiave d’accesso all’intero spirito del libro. È il segnale di un viaggio che parte dalla voce di una bambina e si allarga, pagina dopo pagina, all’eco di un popolo, di una civiltà, di un’identità. La memoria storica qui non è freddo esercizio, ma materia viva, che si mescola a leggende, voci familiari, antichi scorci e silenzi contadini. Il progetto editoriale è, in questo senso, quasi «artigianale»: un prodotto locale nel significato più nobile e alto del termine.

È un libro che nasce a Teano, respira i suoi odori, cammina tra le sue pietre, ascolta i bisbigli dei suoi vicoli del centro storico. E non è un caso che a firmarne la prefazione sia Martino Amendola, storico e memoria viva di un territorio che conosce ogni strato del proprio passato. I personaggi delle novelle si muovono dentro questo spazio conteso, cercando un senso nel cambiamento senza rinnegare l’eredità. Non è nostalgia quella che si respira, sarebbe troppo facile, ma consapevolezza.

E soprattutto, desiderio di trasmissione. Già autrice di «Tracce di noi», la maestra – scrittrice, rivela nel nuovo libro una scrittura più matura, più consapevole, meno urgente forse, ma più densa. La sua penna sembra aver trovato una casa narrativa che le è propria: la cronaca del sentimento, il racconto del luogo, il dettaglio che fa universo. Infine, un merito va riconosciuto alla struttura stessa del libro: ogni racconto è completato da un’immagine fotografica, come a voler dire che la letteratura può e deve lasciare un segno, un’impronta visiva e duratura. È come se, chiudendo ogni novella, ci fosse un invito a fermarsi. A guardare. A ricordare. E in tempi di smarrimento culturale, non è cosa da poco.