Autolavaggi e scarichi fognari, partono le segnalazioni ma il Comune svela il nome del segnalante.

Il caso «bella privacy…» rischia di scatenare una faida nella concorrenza tra i commercianti del settore.
TEANO (L.P.) – Noto commerciante chiede al Comune di Teano di accertare il possesso dei previsti titoli autorizzativi, per lo scarico in fognatura delle acque reflue, da parte di due gestori di autolavaggio. Un bel gesto, non c’è che dire. Un’azione fatta per motivi personali, o forse per sensibilità ambientale o legale: questo lo sa solo il protagonista. Quello che sanno tutti, invece, è il nome e cognome del segnalante, reso pubblico (sarebbe più giusto dire spifferato) – incredibile ma vero – direttamente dai burocrati degli Uffici comunali preposti.
Una comunicazione che dal punto di vista civico dovrebbe far scattare un premio al senso civico da parte del Comune a favore del segnalante che si è così tanto esposto, per un interesse che può essere ritenuto collettivo: la tutela dell’ambiente e il rispetto delle leggi. E invece, udite-udite, altro che medaglia al valore civico: il segnalante viene a sua volta «segnalato», citato per nome e cognome direttamente ai due commercianti che, tra l’altro, rappresenterebbero la sua diretta concorrenza nel campo dei lavaggi auto. Non solo. Operano tutti e tre nello stesso quartiere di Teano.
Gli scivoloni burocratici non finiscono qui. Tutti sanno che nessun Ente può chiedere a cittadino utente e quindi nemmeno a un commerciante, documenti di cui è già in possesso. E invece gl’immaginifici impiegati comunali che fanno? Richiedono le autorizzazioni per lo scarico in fognatura delle acque reflue, direttamente ai due gestori di autolavaggio. Un pasticciaccio, a nostro giudizio.
Cosa dice la Legge
Ma forse non solo nostro giudizio, visto che la legge 33/2013 prevede che, per ciascuna domanda di accesso generalizzato, l’amministrazione debba verificare l’eventuale esistenza di controinteressati. Invece, questa verifica non è necessaria quando la richiesta di accesso civico abbia ad oggetto dati la cui pubblicazione è prevista dalla legge come obbligatoria.
Devono ritenersi «controinteressati» tutti i soggetti (persone fisiche o giuridiche) che, anche se non indicati nel documento cui si vuole accedere, potrebbero vedere pregiudicati loro interessi coincidenti con quelli indicati dal comma 2 dell’art. 5-bis (protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali, come chiarito nelle Linee guida Anac – Autorità nazionale anti corruzione). La circostanza che i dati o documenti richiesti facciano riferimento a soggetti terzi, di per sé, non implica che questi debbano essere qualificati come controinteressati. Occorre comunque valutare il pregiudizio concreto agli interessi privati di cui all’art. 5-bis, c. 2, che i controinteressati potrebbero subire come conseguenza dell’accesso. Al fine di identificare i controinteressati in modo corretto, è indispensabile procedere a questa valutazione soltanto dopo un puntuale esame di tutti i dati e i documenti oggetto della domanda di accesso generalizzato.
Una volta individuati eventuali controinteressati, l’amministrazione deve comunicare loro di aver ricevuto la domanda di accesso generalizzato, concedendo un termine di dieci giorni per la presentazione di opposizione motivata. La comunicazione deve essere effettuata «mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione» (art. 5, c. 5, d.lgs. n. 33/2013; v. anche Linee guida Anac). In questo modo, è possibile stabilire con certezza la decorrenza del termine di dieci giorni previsto per la presentazione delle opposizioni. Per agevolare la tutela degli interessi privati sopra richiamati e di velocizzare la procedura, è opportuno che l’amministrazione indichi nella comunicazione ai contro-interessati le modalità (anche telematiche) di presentazione dell’eventuale opposizione all’accesso.
Il finale ad effetto
Quindi, come pare chiaro a noi e speriamo a tutti, la dirigente non doveva avvisare i controinteressati perché la richiesta non rientra tra i casi dell’articolo 5 – bis comma 2 della legge 33/2013 e soprattutto perché documenti che per regola dovrebbero già essere in possesso dell’Ente.
Inoltre il richiedente, essendo un parente diretto di un consigliere comunale di maggioranza – delega eterna e quindi fittizia – non si capisce il motivo e la necessita di una simile richiesta, che poteva essere rivolta tramite il consigliere direttamente agli uffici comunali. Anzi, meglio ancora: poteva cogliere l’occasione per riferire ben altro, casomai a conoscenza di altri illeciti a carattere generale di tutti i settori tipo occupazioni abusive, dove c’è chi paga e chi no e che giustamente chi paga si lamenta, o addirittura riferire anche senza carta protocollata di chi perpetua abusi edilizi e che per tale cosa si troverà a risponderne alle autorità giudiziarie.