Il 25 aprile per gli italiani non sarà mai come il 4 luglio per gli americani…

L’Opinionista: Forse è giunto il momento di dare all’Italia una nuova festa che celebri Libertà, Repubblica, Costituzione e riconciliazione nazionale.

TEANO / ITALIA / USA (Fausto Stavolone) – Sebbene le feste nazionali del 25 aprile in Italia e del 4 luglio negli Stati Uniti rappresentino momenti simbolici nella storia dei due Paesi, infatti celebrano rispettivamente la Liberazione e l’Indipendenza, la prima non riscuote nell’opinione pubblica quel senso di unità e patriottismo che contraddistingue la seconda. Il 25 aprile vuole di fatto celebrare la vittoria partigiana e non tutti sono ben accetti, prova ne è la cacciata della Brigata ebraica dal corteo dello scorso anno e lo sventolio delle bandiere palestinesi.
La Liberazione non è una festa inclusiva e mai lo sarà perché la storia scritta dai «vincitori italiani» ha ignorato e demonizzato metà del Paese, quello che fino al 1943 aveva sostenuto il Fascismo e che comunque, dopo l’8 settembre, scelse (per convinzione, lealtà o tragica necessità) di continuare a combattere dalla parte della Repubblica Sociale.
Questa metà del Paese, considerata dall’intellighenzia di sinistra non degna di partecipare, oltre alla critica, all’indomani della Liberazione, ha dovuto patire violenze di ogni genere (esecuzioni sommarie, vendette, epurazioni violente) senza poter neanche confidare nella giustizia tant’è che a differenza dei crimini del regime, giustamente messi in luce e condannati, i crimini commessi dai liberatori sono stati taciuti e persino giustificati! Che si sappia, i caduti della Seconda Guerra, compresi quelli della Repubblica Sociale, non erano nemici della Patria ma italiani che avevano fatto una scelta tragica in un momento tragico, ecco perché in assenza di una memoria condivisa non potrà mai esserci una festa condivisa.
Rassegniamoci, il 25 aprile è una data divisiva più che unificante perché testimonia il dramma della guerra civile che ancora fatica a fare i conti con la storia e le sue ombre! Mi domando, nel 2025, ha ancora senso festeggiare la Liberazione in questo modo? Quella che doveva essere una semplice commemorazione storica è diventata un rito ideologico, l’antifascismo si è trasformato in una dottrina politica usata per delegittimare l’avversario e non per costruire una memoria condivisa. Non è un caso che il 25 aprile lo festeggi solo la sinistra, come una sorta di Festa dell’Unità.
Difficile sentirsi rappresentato da chi canta «Bella ciao» come fosse un inno nazionale, in cui le piazze vengono usate per lanciare messaggi ideologici contro chi non si riconosce nei “valori” della sinistra storica e dove si confonde l’antifascismo con l’anticapitalismo, l’antiamericanismo e persino l’antisionismo.
Qual è la festa degli italiani che hanno combattuto al fronte prima dell’8 settembre o di quelli che pur non essendo fascisti non hanno partecipato alla resistenza? Non è forse anacronistico parlare ancora di antifascismo in un Italia che da decenni è una democrazia parlamentare, in cui si svolgono libere elezioni, dove la stampa è libera e sono garantiti i diritti di tutti? La cosa più triste è che nel 2025 chi si professa antifascista non lo fa per difendere la libertà di tutti ma per limitare la libertà dell’altro, soprattutto di espressione, tant’è che chi non si allinea al pensiero di sinistra è normalmente accusato d’essere un fascista.
Forse è giunto il momento di dare all’Italia una nuova festa della libertà, una data che celebri la Repubblica, la Costituzione e la riconciliazione nazionale e non la vittoria di una parte sull’altra!