Frati accusati di violenza sessuale, annullata la custodia cautelare: Silvestri libero, Gildi rimedia i domiciliari.
L’inchiesta, condotta dalla Procura di Napoli Nord e dai carabinieri di Afragola, coinvolse sei persone.
CASERTA / TEANO / PIEDIMONTE MATESE (EZ) – Padre Domenico Silvestro e padre Nicola Gildi, originario di Lusciano ed ex padre Guardiano del convento di Sant’Antonio a Teano, sono stati scarcerati dal Tribunale del Riesame. Risulta annullata, quindi, l’ordinanza di custodia cautelare. I due religiosi, in tempi recenti rispettivamente parroco della Basilica di Sant’Antonio da Padova ad Afragola e frate al convento di Santa Maria Occorrevole a Piedimonte Matese, erano stati arrestati all’inizio dello scorso mese di agosto con l’accusa di violenza sessuale, reato compiuto secondo la procura aversana quando entrambi erano di stanza ad Afragola.
Don Silvestro è completamente libero, padre Gildi, invece, resta agli arresti domiciliari, accusato anche di rapina aggravata in concorso. Entrambi già sono stati trasferiti in due conventi nel Nord Italia gli ex parroci del santuario di Sant’Antonio ad Afragola, sospesi dal loro incarico dall’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia. Per Gildi, 55enne, l’arresto avvenne nell’ambito di un’inchiesta su episodi di rapina e abusi sessuali, e segnò un ulteriore capitolo nella carriera del religioso che, dopo Teano, era stato trasferito ad Afragola e poi a Piedimonte Matese ufficialmente per motivi di salute. L’inchiesta, condotta dalla Procura di Napoli Nord e dai carabinieri di Afragola, ha coinvolto complessivamente sei persone, tra cui anche padre Domenico Silvestro, parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola, accusato di violenza sessuale.
Le indagini partirono da una denuncia presentata da due uomini di Afragola, vittime di una rapina violenta nella loro abitazione, durante la quale due individui armati di mazze e coltelli avevano sottratto un cellulare. Le vittime hanno collegato la rapina a precedenti rapporti con alcuni frati del territorio e a presunti abusi sessuali subiti. Le intercettazioni telefoniche e le immagini di videosorveglianza hanno rivelato che la rapina era un tentativo di recuperare telefoni contenenti immagini e chat compromettenti per alcuni frati. Durante le indagini, è emersa una lettera degli avvocati delle vittime indirizzata ai frati superiori, in cui si richiedeva il pagamento di somme per prestazioni lavorative e si faceva riferimento a rapporti sessuali subiti in cambio di assistenza sociale e lavorativa. Un altro frate ha confermato che il mandato di compiere la rapina proveniva da un frate arrestato, il quale temeva le conseguenze di una denuncia supportata da prove nei telefoni.