Il flop della 44^ edizione della Fiera & il successo della «PreFesta della Birra».
Nemmeno l’affidamento a «soggetto economico privato» ha cambiato le sorti all’antica manifestazione. Le responsabilità del consigliere Laurenza.
TEANO (Elio Zanni) – Diciamoci la verità. Una di quelle verità in grado di trasformare qualche personaggio vicino all’Amministrazione in un perfetto sconosciuto, un essere che nel tentativo d’impartirti una sua punizione sociale fa finta di non vederti, gira la faccia dall’altra parte quando lo incontri per strada: l’edizione 2024 della Fiera di Sant’Antonio è stata un flop.
Anzi, volendo utilizzare un linguaggio meno da «stampa ostile» e più da Stampa critica (essendo questo il vero ruolo della Stampa): l’edizione di quest’anno ha deluso tutte le aspettative nutrite da quanti, leggendo gli eccitanti post su internet e vedendo i messaggi promozionali e le clip video lanciate sui social, si aspettavano che accadesse la fine del mondo lì sulla collina di Sant’Antonio; nei paraggi del fatidico 13 giugno e per la festa del fascinoso santo di Padova.
E invece: niente. Non solo non c’è stato quel salto di qualità ricercato e trasognato dall’Amministrazione anche attraverso la rinuncia (atteggiamento assolutamente sbagliato per un comune in grande difficoltà economica e finanziaria) a qualsiasi forma d’incasso, per quanto improbabili quantomeno possibili, proveniente dall’attività fieristica. Ma la situazione generale in termini di coinvolgimento è partecipazione e parsa addirittura peggiorata rispetto a quella degli anni passati. Si è vero, il comune registrò una perdita con l’operazione Fiera 2023, ma stavolta per come si è esposta per quello che ci ha lasciato credere, ci ha rimesso pure d’immagine.
Il successo della «prefesta» della birra
L’errore politico più grosso? L’aver voluto creare per forza nei cittadini un’aspettativa esaltante, l’illusoria speranza di una Fiera brillante e produttiva, in grado di riscattare la città dei fallimenti del passato, capace di scavare un solco profondo come le fosse delle Marianne tra il governo cittadino di oggi e i sempre criticatissimi predecessori. E invece, l’unica cosa che ha funzionato davvero è stata la «pre-festa della birra». Una cosa che con la Fiera aveva a che fare solo per quanto riguarda la condivisione di una buona fetta del piazzale. A pensarci bene la prefesta della birra ha dato anche un effetto riempitivo a una scena già simile al deserto dei tartari ad appena due giorni dall’inaugurazione.
Quei giovani, invece, hanno di dimostrato a tutti come si organizza una manifestazione pubblica di successo. L’Associazione ha creato in quel luogo un momento di ritrovo puntando (come la Fiera non ha saputo fare…) sul loro vero «core business»: la creazione di un’esperienza e la condivisione delle passioni. Creare un’esperienza significa inserire sempre un elemento di esclusività nell’ambiente destinato ad accogliere il pubblico dei visitatori; sanno bene il come si fa i Centri commerciali; per esempio. Poi c’è la condivisioni delle comuni passioni. Non la passione per la birra, ma di tutto quello che ci giro intorno: la Musica, il luogo stesso di ritrovo immerso nella natura dove puoi fare tutto il casino che vuoi, la gioia dei ragazzi, l’esibizione dei Dj e di altri artisti. I giovani, si sono saputi adeguare persino allo stravagante stravolgimento del calendario della Fiera.
Passata la festa, gabbato lo santo
Si, perché, qualcuno ha deciso si potessero violare senza pagarne dazio le tradizionali date a calendario della Fiera, spingendosi a far perdurare la manifestazione oltre ogni possibile immaginazione: dal 12 fino al 16 giugno. Peccato che, come tutti sanno; «passata la festa, gabbato lo santo». E, infatti, dopo giorno 13 la Fiera, che già dall’inizio appariva minimalista per numero di espositori specializzati nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento, s’è definitivamente afflosciata; come una torta malriuscita.
Anche il consigliere di maggioranza Guido Zanni, compagno di scranno di Domenico Laurenza, consigliere delegato alla Fiera, responsabile quindi della stessa in tutto e per tutto, ha tentato di metterci del suo con il lancio in fiera del famoso progetto di «Distretto commerciale». Ed è vero, c’era un buon gruppo di persone e personaggi quel giorno in quel preciso punto dell’area Fiera. Ma bastava che qualcuno girasse videocamere e macchine fotografiche in tutt’altra direzione che non verso il sindaco o l’uditorio, per scoprire di trovarsi in una specie di oasi felice scenograficamente ricostruita nel bel mezzo di un deserto: il deserto della 44^ edizione della Fiera di Sant’Antonio a Teano 2024.
Non abbiamo personale, non abbiano soldi: privatizziamo tutto
«L’Amministrazione comunale ormai privatizza tutto». Il primo a condannare pubblicamente un simile atteggiamento, già dal 2023, è stato Marco Zarone che durante una recente seduta di Consiglio comunale così segnava, alla Cossiga, il suo distinguo politico dal governo Scoglio: «Io non ci sto! Io non sono d’accordo. State svuotando il Comune di ogni suo significato, di ogni suo ruolo, funzione e importanza, da ogni contatto diretto con i cittadini. I cittadini hanno l’impressione che non serviamo più a niente».
Il capogruppo di SiAmo Teano diceva questo in tempi non sospetti. E cioè quando ancora si bisbigliava appena, ma sottovoce, quasi con pudore politico più proprio alla sinistra di un tempo che fu di privatizzare: la gestione della rete idrica (che già sta mostrando una serie di criticità impreviste), la gestione della pubblica illuminazione (di cui si attendono ancora le gradi rivoluzioni promesse), la riscossione dei tributi (di cui si valuteranno i risultati) e perfino l’edizione 2024 della storica Fiera campionaria dell’Agricoltura e dell’Artigianato.
Zarone vide lungo.
La frase chiave con la quale l’organizzazione dell’antica Fiera campionaria di Teano (dall’11 al 16 giugno 2024) viene affidata di nuovo a un privato è chiara ed è l’esatto auto-riconoscimento di una inadeguatezza a organizzare in proprio un evento tipico sidicino, storico, del quale a distanza di tanti anni e tante edizioni, con un po’ di buona volontà, si dovrebbe conoscere e capire veramente tutto.
Ma un nuovo anno trascorso che ci separa dalla precedente edizione e deludenti esperienze, soprattutto quella del 2023, sembrano non aver insegnato proprio nulla alle figure preposte dalle parti della Casa comunale? Ed ecco che è stata proprio l’Amministrazione a dire esplicitamente che «intende avviare una competente attività di gestione ed organizzazione dell’evento, attraverso il ricorso ad un operatore economico specializzato, «non essendo nelle odierne capacità dell’ente l’organizzazione diretta della manifestazione». È così ha fatto.
Insomma, stessa cosa del 2023: era troppo difficile un anno fa ed è troppo difficile e anzi impossibile adesso. Ma allora siamo peggiorati? Così la drastica decisione: diamo l’organizzazione della Fiera a un privato. E va bene, ma alla fine cos’è cambiato, come è stata organizzata? Con quali accorgimenti particolari? É stata veramente un’edizione degna della gloriosa Fiera di Teano detta «Fiera di Sant’Antonio dell’artigianato e dell’Agricoltura» o si è assistito alla sua ennesima brutta copia?
Non avevamo scritto nulla fino a oggi, prima di tutto perchè convinti di poter concedere per una volta un laconico beneficio d’inventario ai propugnatori delle privatizzazioni a oltranza e poi per non essere accusati di disturbare i manovratori. Beneficio d’inventario o atto di fiducia che però adesso cede il passo a una forma di pessimismo consapevole, figlio non di un ostracismo preventivo verso gli Amministratori pubblici di maggioranza- accusa, questa, elargita senza indugio a chi osa avere un pensiero leggermente diverso da quello professato oggi a palazzo San Francesco – ma frutto delle deludenti esperienze del passato e di quelle scottanti e algide di oggi.
Anche se già l’ennesimo affidamento a soggetto economico privato suggerisce in maniera spietata che i 12 mesi che ci dividono dalla scorsa edizione non sono serviti proprio a nulla. Non sono serviti a organizzarsi per tempo. Non sono serviti a correggere il tiro. E questo è un peccato capitale perché stiamo parlando di un evento appartenente alla tradizione locale e le cui dinamiche (negli anni svilite e ridotte a davvero poche cose da fare) sono ben note anche alle pietre a Teano. Alle pietre si, ma evidentemente non a chi vive la città solo quando si ritrova eletto e rigorosamente nelle fila e ai vertici di una maggioranza consiliare.
Le domande senza risposta della Fiera di Sant’Antonio
Dinamiche che rispondono ad alcun domande chiavi tra le quali: come trovare un connubio, un equilibrio, tra tradizione e modernità, storia, presente e futuro? Come dividere l’area in maniera coerente, fruibile e attrattiva? Quale, rispetto all’ipotesi progettuale, il posizionamento razionale degli espositori? Come provvedere a creare spazi coperti senza per questo spennare gli espositori? Come e cosa fare per ottenere l’intervenire del maggior numero di espositori possibile? Basta davvero l’uso dei social o bisogna ricordarsi della vera natura e dell’età non solo anagrafica dei destinatari dei messaggi promozionali?
Si potrebbe continuare così quasi all’infinito, ma quante di queste domande si sarà posto nel corso degli ultimi dodici mesi il consigliere competente delegato senza portafoglio, il buon Domenico Laurenza? Quante risposte sarà riuscito a darsi? Probabilmente nessuna. Nessuna: se è prevalsa la necessità di passare la mano, di gettare la spugna, di sfilarsi anche quest’anno. Sfilarsi dall’organizzazione ma non certo dalla responsabilità di un clamoroso ennesimo flop rispetto alle attese.
Ma cosa si poteva fare di diverso da ciò che è stato fatto?
Ma in tutta onestà, c’erano altre possibilità di manovra che non l’affidamento a soggetto economico privato, per quanto quotato come quello prescelto? Ebbene sì, ma solo evitando del tutto l’affidamento a soggetti privati. È facile ritenere che ci fossero altre tre o quattro soluzioni diverse da coltivare ma con coraggio in proprio. le quali avrebbero addirittura portato un tesoretto finanziario nelle magre casse dell’Ente. E non si tratta di supponenza di chi scrive o della redazione tutta o di quella immaginifica corte di sostenitori esterni di teanoce.it, perché queste osservazioni si basano su una certa conoscenza delle edizioni del passato, recente, molto meno recente e anzi antico.
Dinamiche che la ditta chiamata in causa avrebbe dovuto inventarsi di sana pianta, visto che non ha certo ricevuto in merito istruzioni per l’uso. Ditta che, non essendo affatto un ente di beneficenza, ha fatto certamente di tutto lavorando di repertorio e di fantasia pur di cercare di cogliere un legittimo incasso finale, un sia pur minimo quanto lecito profitto. Ed è giusto così. Dunque un profitto c’è o poteva esserci. Non sappiamo oggi, in tutta onestà, se ci sia stato e in che misura. Ci auguriamo di sì. Lo chiederemo direttamente ai proprietari della Ditta, originari di Sessa Aurunca. Quello stesso profitto al quale in misura diversa non poteva e non doveva rinunciare Comune. Quello stesso profitto che sempre il Comune non era necessariamente chiamato a rincorre se solo si fosse preventivamente dotato di un piano di rilancio effettivo e organizzando l’evento con l’intento di realizzare un investimento mirante a un futuro e perdurante rilancio dei prodotti e delle attività agricole, commerciali e artigianali di Teano.
Dinamiche che conoscono già bene – guarda caso – gli stessi espositori locali, coloro che a Teano e per Teano hanno fatto la storia della Fiera Campionaria e che potevano, se solo chiamati in causa per un coinvolgimento diretto, portare avanti probabilmente l’intera organizzazione: commercianti, artigiani, imprenditori agricoli, liberi professionisti. Queste super entità locali, in consorzio con le più dinamiche e sveglie Associazioni selezionate tra le oltre 70 esistenti a Teano, avrebbero potuto cambiare, forse e per sempre, le sorti della Fiera di Sant’Antonio. È già accaduto, non sarebbe stata una novità e la storia dice che fu un successo. E la storia quando incontra qualcuno che ci credere, è capace anche di ripetersi. E invece no. La scelta è stata di nuovo in stile pilatesco: cedendo alla tentazione di un’ennesima «privatizzazione».
L’Amministrazione si ricordi che per fare una grande manifestazione non basta allungare il nome dell’evento «Fiera Campionaria dell’Agricoltura e dell’Artigianato dei Comuni del Parco Roccamonfina Foce del Garigliano». Si ricordi piuttosto che la «Fiera di Sant’Antonio» nasce con un nome piccolo, ma come momento per valorizzare delle cose di grande valore, l’Agricoltura e l’Artigianato: i settori trainanti dell’economia locale.
Il mancato coordinamento tra la cittadella politica e la società civile
Commercianti e Artigiani da accostare con un’opera di coordinamento al cosiddetto Terzo settore e ai protagonisti a Teano di quella grande risorsa che è il Volontariato produttivo. Ma ci sarebbe stato bisogno prima di tutto di pensarla una cosa del genere, poi di tirare fuori una buona dose di coraggio (che è merce rara di questi tempi) e soprattutto di mettere in moto un’azione istituzionale comunale di coordinamento. E qui casca l’asino. A chi sarebbe toccato un simile gravoso compito? Forse all’Assessora esterna Maddalena Bovenzi oppure al consigliere delegato Laurenza? Oppure a entrambi? nell’immaginario collettivo i due settori viaggiano insieme. Addirittura insieme anche all’Ufficio tecnico, retto oggi da Tullio Izzo che ben conosce l’area fieristica avendone suddivisi gli spazi a memoria d’uomo, quale esperto geometra e per conto del comune, per lo meno qualche trentina di volte se non di più.
State pure sereni: a nessuno dei due e anzi dei tre sarà mai caricata una simile incombenza. Bovenzi, Laurenza e persino Izzo sembrano non esistere per il comune quando in un passaggio, nel quale si defila dal problema, l’estensore dell’atto asserisce ufficialmente che l’Ente organizzerà la Fiera attraverso il ricorso ad un operatore economico specializzato: «non essendo nelle odierne capacità dell’Ente l’organizzazione diretta della manifestazione».