Il passo del «gambero sidicino»: da Città Storica a piccola Ghost Town intellettuale.
L’affondo del promotore d’Arte: «Troppi segnali di degrado e mancanza d’orgoglio ci dicono di una città che sta smarrendo la sua identità e i suoi primati».
TEANO (Paolo Feroce) – Dopo aver letto che per motivi economici sono state «ampliate» le celebrazioni dello Storico Incontro di Teano ad altri paesi vicini, la rassegnazione nel comprendere che la mia città non abbia alcuna speranza di riprendersi dal limbo in cui è precipitata da circa un ventennio ha preso il sopravvento.
Ormai la carenza di senso comunitario e di rispetto per la nostra storia sono situazioni evidenti, ma è la mancanza del senso del ridicolo a farla da padrone poiché, mancando dei seri punti di riferimento culturale, com’era un tempo, molti si improvvisano esperti in settori nei quali non hanno mai operato.
Adesso, a quanto pare, è l’ambito del «food and beverage» popolare a rappresentare ciò che Teano sa offrire a chi viene a visitarci in questi primi anni del terzo Millennio. Talvolta si tiene qualche mostra, in moltissimi casi svilente e umiliante anche per gli artisti, fosse solo per il modo in cui si espongono gli elaborati.
Di tanto in tanto si crea qualche concorso o premio, forse con l’inutile speranza di mettere riparo ai recenti errori amministrativi di comunicazione (per citare l’attualissimo pianto della Ferragni), e qualche incontro culturale dove, usualmente, presenziano solo gli organizzatori, qualche notabile, gli amministratori e i loro giovani scudieri, quest’ultimi bravi organizzatori di aperitivi in piazza.
Per fortuna ci sono guizzi di buona volontà da parte di molte organizzazioni di volontariato locali, propositi che per me sono sempre da sostenere, ma anche qui il pressapochismo spesso incide. Questa è attualmente la reale presenza culturale che l’antichissima Teano riesce a proporre, pur godendo di una Storia, precedente a quella risorgimentale, che lascio ricordare a chi la conosce molto meglio di me.
Io, purtroppo – permettetemi l’uso del pronome e quindi per stavolta di scrivere in prima persona – riesco solo a fare da sparuto osservatore e da triste narratore alla decadenza della mia nobile città, che si contenta del ruolo di una «gosth town» strutturale e, soprattutto, intellettuale.
Se non si offrono eventi di qualità, con reali collegamenti alle tipicità del territorio e agli interessi di chi ha ancora il coraggio di investire in zona, ideati senza la solita approssimazione, ma sostenuti da aiuti concreti da parte delle amministrazioni, le caratteristiche che continueranno a connotare una della città più antiche d’Italia saranno «sagrette» e festini tipici dei paesini montani da ritorno estivo per gli emigrati.
Ormai Teano è sempre più simile a un borgo, senza presente né avvenire, tipico di una narrazione d’altri tempi, che esiste solo per garantire gli interessi dei nuovi baronetti del posto. Abbiamo strutture in abbandono, specialmente nel centro storico, dove l’eternit è ancora prepotentemente presente, mentre i palazzi da poco ristrutturati valgono, comunque, poco o niente a causa del costante spopolamento cittadino.
Relativamente alla viabilità, meglio evitare di scriverne e continuare a sistemare, da bravi e pazienti sudditi, ruote, giunti e ammortizzatori alle nostre auto che continuano a schiantarsi nelle tante voragini stradali, nonostante i vari annunci istituzionali.
È noto che Renato Castellani, il grande regista neorealista, traendo ispirazione da un racconto di un teanese che lavorava a Roma, nel 1952 realizzò un capolavoro di quello storico filone cinematografico titolato «Due soldi di speranza», film che si trova facilmente anche sul web. Ma a quei tempi e nonostante le difficoltà, anche solo con due soldi, i sidicini potevano permettersi lo stesso di sperare. Adesso, invece, in questo scenario sociale, economico e politico credo che sia davvero difficile ritornare a farlo.