Inchieste

Impianto rifiuti, finirà male se non salta fuori il dossier Rete delle associazioni

L’effetto «cortina fumogena» creato da: carte mancanti e tubi di scarico, può aprire le porte alla Gesia

TEANO (Elio Zanni) – Non ci piace. Non ci piace affatto la piega che sta prendendo il «caso impianto rifiuti Gesia» a Santa Croce. Non ci piace che l’attenzione dei legali incaricati e quella del Presidente della Conferenza di servizi appaia ogni volta tutta, troppo, concentrata solo su questioni prettamente tecnico-progettuali. Questioni che spuntano a sorpresa, come funghi, ma questioni sempre “risolvibili”, per fortuna dei richiedenti la concessione!

Risolvibili come, in che modo? Con altro rinvio della Conferenza, utilizzando qualche escamotage tecnico e allungando i tempi della decisione finale. E così, siamo arrivati a una Conferenza «a data da destinarsi». L’ultimo rinvio fu chiesto dal dirigente regionale, Antonello Barretta.

Poco male. Tanto, ormai, non v’è chi non veda come gli incontri si consumino solo attorno a questioni, appunto, prettamente tecniche. Non è che siano cose da trascurare ma comunque – ci sia consentito pensare – trattasi pur sempre ad avviso comune di questioni marginali rispetto ai fattori salienti indicati nell’ordine: dai comitati e dai maggiori esperti consultati del settore legale-urbanistico-ambientale, nonché dall’Ente locale.  

In Conferenza si parla, si parla, si parla (e si è già parlato) di filtri accessori dell’impianto, tubi di scarico, carenza di concessione e autorizzazione della Provincia e possibili interferenze con altri sotto-servizi tipo quella con la dorsale del gas metano della Snam.

Tutto questo, mentre rimangono curiosamente «preservati» nelle cartelline dei rispettabili conferenzieri le sudate carte elaborate e firmate da sette tra le più importanti Associazioni sidicine in continuità con lo storico impegno del “Comitato No-imp”, dal Consiglio comunale di Teano e sottoscritte, per dichiarazione pubblica e diretta, dallo stesso sindaco, Giovanni Scoglio.

Un combinato disposto, IL DOSSIER PREPARATO DALLA RETE DELLE ASSOCIAZIONI, ritemuto «dirimente» della questione di che trattasi e che non a caso si conclude con una frase secca: l’impianto non è compatibile col territorio e con le leggi.

Ma se è così tanto importante perché mai è rimasto finora lettera morta? Quando, in quale momento e in quale occasione i legali incaricati dal comune di Teano lo proporranno al tavolo della Conferenza? Perché non è stato fatto ancora? Cosa si aspetta? Sarà pure che alla base del comportamento dei legali pagati dal Comune possa esserci una “strategia” non facilmente comprensibile ai normali esseri umani, ma si è disposti a giurare qui che nella indagine condotta sull’argomento non una sola persona, tra le tantissime interpellate, è riuscita a spiegarci la ragioni di tanto attendismo. Non lo ha capito nessuno. Nemmeno chi scrive.  

E allora da ignoranti totali dei procedimenti tattici nucleari che potrebbero esistere alla base del testé definito «attendismo» la modesta esortazione giornalistica è questa: è arrivata l’ora di gridare in Conferenza le ragioni di Teano. Ma non in coda alla Conferenza, non nei minuti finali (come è accaduto l’ultima volta) ma in prima battuta, immediatamente: un secondo dopo il suo insediamento.

Si tirino fuori le carte, che urlano le seguenti verità inoppugnabili: l’industria dei rifiuti a Santa Croce di Teano non si può fare: primo, perché il Prgrs (Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali) considera «fattore escludente» le aree come Teano, già riconosciute dal (Ptr) Piano Territoriale Regionale come «a dominanza naturalistica»; secondo, perché l’area non è mai stata zona Asi (area a sviluppo industriale) e non lo diventerà mai visto che una Conferenza di Servizi decisoria nel 2018, prima del PUC, l’ha de-perimetrata (cancellata) come richiesto dalla Provincia.

La teoria di quanto qui riportato è questa – e che Dio e la sorte ci smentiscano e ci diano torto: se si continuano a tirare fuori solo tubi e marche da bollo mancati sulla pratica, invece che i documenti che salvano Teano, il rischio concreto è che, esauriti tutti i tubi di scarico e le marche da bollo, l’Autorizzazione Unica a costruire l’Impianto di rifiuti alla Gesia sarà cosa fatta.

Ci si indichi pure quali profeti di facile sventura, ma l’impressione epidermica è quella che una volta aggiustato per bene il progetto Gesia, una volta risolti tutti i problemi tecnici e burocratici e al netto di una discussione monotematica sulle leggi che danno ragione alla tutela di Teano: il presidente della Conferenza non potrà fare altro che mollare il permesso ai richiedenti.

E invece, è come se i protagonisti di questa storia continuassero a camminare, come soggiogati da un sortilegio, lungo un tragitto fisso, immutabile. Si fanno le assemblee, s’individuano difetti progettuali, carenze documentali e poi si va al passo successivo: si concede tutto il tempo che serve al richiedente per apportare le necessarie correzioni.

Il metodo di lavoro è fisso. La strada seguita è sempre la stessa. Ma cosa c’è alla fine di questo tragitto? L’impressione diffusa e l’opinione qui espressa è quella che siano stati utilizzati tutti questi anni per «aggiustare» il progetto Gesia fino a renderlo compatibile, blindato, inattaccabile; tanto almeno dal punto di vista tecnico.

Si, ma intanto di fronte a simili scelte strategiche, chi si assumerà la responsabilità di un esito catastrofico nel caso in cui al prossimo incontro il presidente della Conferenza dovesse decidere di mollare l’Autorizzazione? Tanto, magari, con un semplice pronunciamento del tipo: «Si accoglie la richiesta Gesia, visto e considerato che tutti i problemi tecnici dell’originaria istanza risultano oggi del tutto risolti; così come richiesto nel corso di tutti questi anni e di tutte le precedenti conferenze». Amen. Con buona pace di tutti i cittadini, i comitati, gli avvocati, le associazioni, il comune e tutta la filiera degli enti superiori di governo.

È parere diffuso che non si tratti di una ipotesi impossibile. Il motivo? Si coglie la netta sensazione che una conferenza di servizi dietro l’altra, un ritocco alla tubatura di scarico, qualche marca da bollo attaccata al posto giusto, una rettifica a decrescere della quantità di rifiuti tossici da gestire, l’aggiunta di qualche filtro alla bisogna ed ecco che, prima o poi, ci scappi l’autorizzazione.

Sarà pure istinto primordiale, ma il legittimo dubbio giornalistico ci spinge a formulare una sola richiesta finale: si tiri fuori IL DOSSIER PREPARATO DALLA RETE DELLE ASSOCIAZIONI sull’incompatibilità giuridica e tecnica dell’impianto sul territorio sidicino, lo si piazzi in prima battuta sul tavolo del Presidente alla prossima Conferenza di servizi e si addivenga a una discussione monotematica!